Mercati finanziari delusi dai salari USA, il dollaro perde quota

L'ultima seduta della settimana sui mercati finanziari è stata dominata dall'appuntamento con i dati sul lavoro USA, che non hanno fornito indicazioni positive.

I dati sul lavoro USA

dollaroSecondo il Dipartimento del Lavoro, nell'ultimo mese sono stati creati 263 mila nuovi posti di lavoro nei settori non agricoli (i famosi non-farm payrolls). I dati risulta quindi migliore delle attese che erano per 181mila. Ma oltre ai non Farm Payrolls sono andati bene anche i dati sulla disoccupazione, visto che è scesa a livelli che non si vedevano da 49 anni. E' infatti giunta al 3,6% dal 3,8% del mese precedente, superando anche le aspettative dei mercati finanziari.

 

Se questi dati sono molto positivi, quello che ha deluso gli investitori è invece il dato sui salari. Infatti la busta paga oraria media sale infatti da 27,71 dollari a 27,77, con un incremento dello 0,2% su mese. Gli analisti si aspettavano però un dato migliore, lo 0,3%. L'aumento annuo invece è del 3,2% contro il previsto 3,3%. L'importanza delle retribuzioni medie è cruciale soprattutto in ottica di politica monetaria, visto che la Federal Reserve lo ritiene un buon indicatore sia dello stato di salute del mercato del lavoro che delle pressioni inflazionistiche. Insomma, si tratta di un dato che sulle migliori piattaforme trading Forex online viene cerchiato di rosso. 

La reazione dei mercati finanziari

Si spiega allora perché la reazione dei mercati finanziari a questi dati non è stata positiva. Infatti il dollaro ha cominciato a indebolirsi proprio a seguito dei NFP. La valuta statunitense nel corso della mattinata aveva marciato bene contro l'euro, tanto che la coppia EURUSD era scesa a quota 1,114. Nel pomeriggio però, il rilascio dei dati sul lavoro USA ha innescato la risalita della valuta unica fino verso quota 1,119 (occhio all'andamento del indicatore Relative volatility index RVI).

 

Va aggiunto che una ulteriore spinta al ribasso sul dollaro l'hanno esercitata altri due fattori. Anzitutto il dato deludenti dell'indice Ism, che misura l’attività nei settori non manifatturieri. In secondo luogo le esternazioni di due capi regionali della FED (Charles Evans e James Bullard), che hanno alimentato le scommesse su un possibile taglio dei tassi entro fine anno (ipotesi comunque molto improbabile).