L’attacco con droni alle due maxi raffinerie saudite di Saudi Aramco ha dimezzato in un solo colpo la produzione di greggio saudita. Questo ha scatenato gli acquisti sul petrolio e sulle valute rifugio e sulle "commodities currencies", ovvero le valute di quei paesi dipendenti in modo particolare dalle esportazioni di materie prime.
L'attacco e le conseguenze sul mercato del greggio
Ma andiamo per ordine. Sabato i ribelli Huthi dello Yemen hanno colpito l’impianto di raffinazione di Abqayq (detto anche Buqyaq) e il campo di estrazione di Khurais, gestiti dalla compagnia nazionale di idrocarburi Saudi Aramco. Il doppio attacco ha provocato il più grande danno da evento singolo per i mercati petroliferi: 5,7 milioni di barili al giorno, il 5% della produzione mondiale. Si è andati oltre anche al danno generato nel 1979 dalla rivoluzione iraniana e nel 1990 dall'invasione del Kuwait.
Prezzi in volo
La situazione ha innescato una impennata dei prezzi del greggio, saliti fino a quasi un quinto dopo gli attacchi, propiziando numerose strategie di swing trading. A New York l'oro nero ha chiuso in fortissimo rialzo a 62,9 dollari al barile (+14,8%), dopo una volata mattutina di oltre il 20%. Mai così forte dalla Guerra del Golfo nel 1991.
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Bene le valute rifugio e le commodity currencies
Questo attacco innesca una nuova miccia alle tensioni geopolitiche. Gli USA accusano l'Iran e si dicono "pronti e carichi" a reagire. Teheran respinge le accuse: "Noi non c'entriamo nulla". La Cina, invece, invita alla "moderazione".
L'avversione al rischio si è nuovamente impadronita dei mercati, facendo da assist alle valute rifugio, come yen e franco svizzero. Ma gli effetti maggiori si sono avuti sulle "commodities currencies", con il dollaro canadese e la corona norvegese in evidenza. Al contrario, un paese come l'India che importa moltissimo petrolio ha visto la sua valuta- la Rupia- in discesa di oltre -0,7%.